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Channel: SentieriSelvaggi » SPECIALE – Million Dollar Baby
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SPECIALE MILLION DOLLAR BABY –"Sguardi e sorrisi da ko…"

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Tutto inizia come in ogni buon film hollywoodiano che si rispetti, a maggior ragione se a dirigerlo c'è uno degli autori più straordinari del cinema Usa, che non ha mai sbagliato un colpo fino ad ora nella sua carriera registica. Così mentre segui i primi minuti ripassi mentalmente (ed è un automatismo meravigliosamente terribile al quale non puoi sottrarti…) tutti i più splendidi film sulla boxe: Lassù qualcuno mi ama, Anima e corpo, Città amara, Io e la boxe (esatto, Buster Keaton!), Il colosso d'argilla, Toro scatenato, Il grande campione, Stasera ho vinto anch'io, Rocky, Alì e il più sublime documentario su (e oltre) questo sport, Quando eravamo re. Poi la tenacia di Eastwood regista/attore come quella dell'aquilotta Swank cresce di pari passo in intensità, precisione, velocità al ralenti e ti travolge con la forza dei sentimenti veri: quelli semplici e spietati della nuda vita che s'incarna nello schermo e lo fa sanguinare, come i nostri occhi arrossati da lacrime che sgorgano piano piano, quasi timorose di disturbare ciò che le ha generate e che continua a stuzzicarle. Sì, perché la forza dei grandi artisti è nell'umanità che sanno far sgorgare, quasi con leggera noncuranza, in ciò a cui danno forma e il mistero di quegli straordinari sguardi tra Eastwood, Swank e Freeman è insondabile come il monolito kubrickiano, che si addentra, "sperso", nell'infinitezza dell'universo. Ma è un mistero che ci rapisce, coordinate visuali-emozionali in mezzo alle quali abbiamo il privilegio di trovarci anche solo per pochi attimi, inaspettatamente amplificate (come se fosse stato possibile, in quei momenti di spettatore-icononauta pensare ancora a "qualcosa di più"…) da sorrisi che non abbiamo forse mai conosciuto/ri-conosciuto. Frankie conosce tutti i vari strati di carne prima di arrivare all'osso, ma ancora meglio conosce il suo cuore e dopo aver tentato sempre di epurare la vita dalla sua esistenza sa che è arrivata la resa dei conti con quell'organo così fastidioso, così insistente nella sua mania di "protagonismo". Così non può far altro che allenare la "loser" Maggie e innamorarsene come potrebbe solo un padre con una figlia naturale che rimanda al mittente i suoi "ponti di dolci e impacciate parole" messi dentro una busta affrancata. Ora Frankie ha allargato le sue "conoscenze" anche a tutti gli strati dell'anima. Ma dopo che "the dream is over" (come cantava in God, con implacabile lucidità, l'immortale Lennon solista per sfatare definitivamente le false illusioni dei fan beatlesiani) non rimane che farsi inghiottire dal nulla acquistando un malandato bar che ha la miglior crema di limone fatta in casa; aspra e semplice, luminosa e di evanescente pastosità come la sua scelta di non-vita. Non prima però che l'eutanasica "Maddalena"/Eastwood profonda un ultimo bacio che è come un apostrofo rosso-sangue tra le parole "t'amo". L'unico bacio/apostrofo che conti in quest'ultimo anno (e forse più) di cinema.


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